MIART 2024 | ||
Pad 3 / Stand B 126 |
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12 – 14 aprile 2024 |
A partire dall’opera video e fotografica Terra Animata, misurazione della terra, 1967 di Luca Maria Patella, che ha partecipato nell’ultimo anno ad alcune importanti mostre sia in Italia che all’estero, la Galleria Il Ponte presenta a miart 2024 una selezione di opere in cui l’idea di terra è il soggetto principale della ricerca sia sotto il profilo formale che concettuale, realizzate da artisti con cui la galleria ha lavorato negli anni.
Dalla ricerca performativa-processuale del video e delle opere fotografiche di Patella si passa alla terra intesa come pianeta indagata da Eliseo Mattiacci, che con l’opera Parafulmine, attirafulmine, neutro del 1965, ci mette in contatto con la sfera energetica del nostro pianeta. Joe Tilson con l’opera Earth Mantra, 1971/72, propone – attraverso la ripetizione della parola terra – un’anticipazione dell’attuale attenzione verso il pianeta.
La natura e la terra sono il punto di partenza delle opere di Claudio Costa e Gianfranco Baruchello, che in modalità del tutto diverse elaborano la loro ricerca intorno ai temi antropologici e agri-culturali in cui l’umanità trova le sue radici.
Alla terra si legano anche l’importante opera di Nanni Valentini che con i suoi 13 elementi in terracotta ricrea sulla parete un vero e proprio territorio che, con la sua matericità vulcanica, fa da contraltare a un Paesaggio in acciaio sul pavimento di Giuseppe Spagnulo, entrambe degli anni Ottanta.
Lo stand include anche quattro opere molto più recenti, Artificio Naturale, 2011-22, con le cinque grandi pietre ideali di Paolo Icaro; la fotografia del 2023 di Pierluigi Fresia Qualsiasi cosa accada mai avrà il tuo nome, in cui il fascino della fotografia si lega a un aforisma che squilibra la nostra visione; la fotografia di Marina Ballo Charmet, Con la coda dell’occhio # 39, fa parte di nucleo di fotografie del 1993-94, in cui stravolge la nostra usuale punto di vista, ponendo l’obbiettivo all’altezza dell’occhio di un bambino e la pietra Margine, 2020, di Renato Ranaldi, alla cui materia autentica viene applicato del colore “al margine” spingendola sul bilico tra natura e artificio.