JAN FABRE | Biografia | |
Knight of the night | Close up 2016 | |
a cura di BRUNO CORA’ | Catalogo | |
2 ottobre – 18 dicembre 2015 |
La Galleria Il Ponte presenta la personale Knight of the Night di Jan Fabre, che propone un complesso di opere realizzate in periodi diversi (1997 – 2013), che per la prima volta vengono a comporre un unicum narrativo incentrato sul romanzo cavalleresco, uno dei temi cardine dell’intera produzione dell’artista.
Il film Lancelot (2004) interpretato dallo stesso Jan Fabre, evocando la battaglia dell’eroe contro se stesso, costituisce la trama narrativa di questa saga fiamminga. Nelle sue scene è come se prendessero vita le meravigliose sculture della panoplia creata da Fabre attraverso il magico intersecarsi di scarabei che riverberano e frangono la luce. Nel Salvator Mundi, in cui si concretizza l’ideale cavalleresco, l’armatura umana e le corazze degli scarabei sono accomunate. I teschi umani – i cui tratti somatici sono costruiti e delineati anch’essi da una superficie di scarabei, afferrano la preda, la frusta, o sono penetrati dalle chiavi dell’inferno – sono la materializzazione dei sogni e degli incubi che aleggiano all’interno di questa fiaba notturna.
In questa mostra si rivela pienamente l’immaginario dell’artista, che fa entrare il proprio corpo nell’opera e lo pone a confronto con quello di altri individui, nel tentativo di metabolizzarli: “Voglio diventare quello di cui vivo – afferma l’artista – diventando quello che voglio modificandomi, liberandomi di sensazioni ed emozioni ormai note, cercando un nuovo corpo”.
Le opere intessono un dialogo con l’osservatore, che non si può limitare a contemplare, ma è chiamato a trascendere da sé, a superare i propri limiti mentali e fisici per entrare dentro il corpo dell’opera. In altre parole, lo spettatore è invitato a divenire il soggetto principale di una metamorfosi. Al fine di dimostrare le infinite potenzialità dell’individuo, è sempre la metamorfosi – in questa mostra quella dell’eroe tragico cavalleresco – che Fabre si prefigge di indagare: ovvero la dimensione indefinita di cambiamento permanente vissuto dall’uomo.