GIULIA NAPOLEONE | Cataloghi | |
nero di china | Mostra 2020 | |
Biografia | ||
[La rotondità del mondo si divide in tenebre e luce, benché ciascun
aspetto s’illumini dell’altro. Si passa danzando in mezzo al reale e, come
ha ben stabilito Giulia Napoleone, abbracciamo tutto, una data verità e il
suo opposto, una certa asperità e la sua cancellazione. Il culmine della poesia si conquista un accesso di geometria. Vi è una tenerezza che cova come fuoco, si diffonde in scioltezza, virando appena verso la morbidezza dell’esistere. Il paesaggio che attraversiamo è tanto interiore quanto esteriore. Avanziamo seguendo la mano di Giulia che ha lasciato delle tracce. È bello e decisamente tonificante. Al momento del sonno ci si trova immersi nella vivacità del risveglio. È un pellegrinaggio di anima e corpo.
Si guarda, ci si innamora della visione proposta, si viene trascinati nella vaghezza e nella precisione che formano un tutt’uno, si mormora di rimando…] Yves Peiré p.11
[…L’oltre e l’al di qua coincidono. È una geometria che culmina nel lirismo, una poetica retta dall’assioma. Nessuno riesce a esprimere niente di più preciso della traccia aleatoria di un passaggio. Si resta un istante senza muoversi, convocati dall’appello irrimediabile della traccia. Giulia Napoleone sottolinea. Fine del rumore nell’infinità del silenzio.] Yves Peiré p.13
[È la poesia di Dante, in questo ritorno fiorentino di Giulia Napoleone a “Il Ponte”, a fornire l’apertura alla riflessione sulle sue più recenti opere costate circa due anni di lavoro e molti di più per dotarla oggi di una lingua visiva in grado di suscitare immagini che ammirerebbe anche l’altissimo poeta se si trovasse al mio posto:
«La gloria di colui che tutto move per l’universo penetra e risplende in una parte più e meno altrove.»…] Bruno Corà, p.19
[…L’arte di Napoleone disegna quella parte del mondo che non si manifesta mai e che invece, grazie a un mutevole paradigma di segni tracciati per inventare lo spazio-tempo, riesce a visualizzare e dunque a far venire alla luce.
È un’integrazione tra il mondo che si mostra così come è in varie apparenze e quello nascosto e percepito interiormente, grazie a quell’«incertezza assidua» che la spinge ogni volta a racchiudere in un’immagine, un’eterotopia del pensiero, che tuttavia non ha niente a che vedere con la mimesi o con la cosiddetta ‘illustrazione’. Semmai – molto più efficacemente indirizzata – l’operosità di Giulia Napoleone è rivolta a scoprire l’essenza enigmatica del tempo-spazio, in un processo orientato sia ad avanzare nell’incognita dell’arte sia nella ‘conoscenza di sé’…] Bruno Corà, p.21